I falsi miti del benessere

Margherita Biavati

La via verso il benessere implica consapevolezza di sé, dei propri vuoti, delle proprie mancanze e il provarci nonostante tutto.

Vorrei parlarvi della dipendenza e della libertà, della dipendenza che oggigiorno assume forme sempre nuove e della libertà su cui anche non è facile intendersi per quanti sono i falsi miti sottesi a questo concetto.

Un comportamento dipendente è qualsiasi comportamento che utilizziamo in maniera esagerata non consono al benessere e alla nostra salute fisica e mentale. Sto parlando di comportamenti di varia natura che riguardano la nostra quotidianità e l’uso del cibo, delle droghe, dei farmaci, del gioco, del sesso, dell’amore, delle emozioni. Negli ultimi anni poi vi è un incredibile escalation di fobie di ogni tipo, attacchi di panico, allergie, intolleranze di varia natura.

Questi comportamenti sono sintomi di situazioni di difficoltà che la persona vive e che non sa affrontare né tanto meno risolvere che si tramutano in malessere psichico e fisico. Quello che mi interessa non sono i sintomi in se stessi ma la sofferenza delle persone che si tramuta in sintomo.

Un’ispirazione base in Gestalt è la fede nella saggezza organismica e nell’autoregolazione, cioè l’idea che gli esseri umani nascono con tutte le capacità di reagire in modo congruo alle situazioni e con una tendenza naturale verso l’auto-realizzazione, la salute, il benessere. E se i bambini si vivono la loro infanzia in un’atmosfera in cui si sentono riconosciuti nei loro fondamentali bisogni d’amore, protezione, comprensione e libertà interiorizzano l’immagine positiva di sé rimandata dai genitori e sono indotti a scegliere strade positive e di realizzazione, diventando in seguito adulti non eccessivamente dipendenti, né eccessivamente sofferenti.

È l’esperienza d’amore che forma il senso d’identità, di autostima, di stabilità nel bambino. Nella psicologia del sé si parla dell’esperienza del “Riconoscimento” che è l’essere guardati dalla madre col sorriso, con il “luccichio negli occhi” per il sentimento d’amore e unione che lo conferma nel suo essere al mondo al sicuro e benvoluto.

Quando questa esperienza buona si realizza il bambino cresce forte e coeso e sente di avere un valore, di essere importante per qualcuno; quando al contrario questa situazione non si realizza, egli cresce con una fragilità di fondo, con una sensazione di lacerazione interna.

L’autostima evolve poi in generosità, capacità di esprimere apprezzamento e solidarietà, creare sintonia e alleanze ed è alla base di una vita di relazione ed è alla base di una vita creativa in cui si è in grado di percepirsi positivi, utili al mondo, indipendenti e liberi, e di non temere l’intimità.

I problemi di dipendenza, di qualsiasi dipendenza si tratti, traggono origine da relazioni affettive inadeguate nel sistema famiglia. Ma oltre al fatto che non credo vi siano persone con esperienze totalmente positive, credo che non siamo semplicemente nelle mani del destino.  Certo vi sono esperienze infantili migliori di altre ma fondamentale è riuscire ora nel presente e nonostante tutto, arricchire con gli strumenti che abbiamo il nostro terreno per arrivare a vivere una vita migliore.

Andare verso il benessere e la libertà significa innanzitutto vederci come persone integre che possono ammettere i propri vuoti e le proprie mancanze. Ogni trasformazione parte dalla capacità di sentire da un lato il dolore della mancanza, dall’altro il piacere del desiderio; in questo modo si recuperano energia e saggezza per agire al meglio. Quello che sappiamo è fondamentalmente una cosa: per vivere abbiamo bisogno di contatto, di contatti autentici molto difficili da mettere in atto: spesso recitiamo ruoli e personaggi per ottenere consenso, ma blocchiamo la spontaneità la formazione di quel senso di appartenenza di cui abbiamo bisogno per vivere.

Essere intimamente legati a qualcuno spaventa perché significa rivelarsi all’altro come si è, con le proprie fragilità e assurdità, ma è anche l’unica strada per superare il senso di vuoto e la solitudine nella vita. Quando il bisogno d’intimità rimane insoddisfatto, allora iniziamo a cercare spasmodicamente qualsiasi cosa, persona o esperienza in grado di diminuire quell’angoscia insostenibile; qualsiasi attaccamento in quel momento è valido (cibo, shopping, sesso, droghe, farmaci, paure, intolleranze) perché compensa nell’immediato la mancanza di contatto, ma alimenta purtroppo un sentimento di disillusione e di rinuncia a se stessi e credere vi sia qualcosa per cui valga la pena continuare a vivere.

E qui mi inserisco con le sedute di Counselling. Come posso aiutare qualcuno a ribaltare l’ottica? Il focus di una seduta di Gestalt è nella relazione fra me e l’altro. Di solito non si fa tanta teoria, non si parla di argomenti filosofici, ma si utilizza se stessi, la propria esperienza personale, la propria sensibilità, l’interesse per l’altro, la propria empatia e umanità. Credo che questo possa sollecitare il desiderio dell’altro a parlare di sé e dei suoi problemi; tutto il resto, spiegazioni, consigli illuminati, pillole di saggezza sono seduzioni affascinati, ma non reggono nel tempo.

L’unica cosa che funziona davvero e scuote l’altro dal torpore della non consapevolezza e della sofferenza e stimola l’apertura, è sentire di essere ascoltati senza né giudizio né critica. L’unica cosa che come counsellor mi si chiede è di avere la capacità di realizzare una buona relazione con l’altro. Lo stesso che chiedevamo da bambini!

Una vita di libertà e d’amore è una vita di coraggio! Occorre coraggio per ascoltare il proprio dolore e non il risentimento, per farsi spianare la strada dai propri desideri a volte scomodi e difficili, che richiedono autonomia, slancio, impegno. Occorre coraggio per credere nella crescita dei nostri figli nel loro diritto di uomini e donne libere e nel concedergli la “buona distanza” perché sapranno vivere anche lontano da noi. Ma qui non ci sono mezze misure o abbracciamo la libertà e l’amore o soffochiamo nella dipendenza, nel dubbio, nella staticità, nella malattia.

Perls ha sostenuto che la maturità è il passaggio dal sostegno ambientale all’auto-sostegno e io penso che una maturità ancora più avanzata è quella che è va fino all’interdipendenza, a quella condizione che permette di sentire il piacere di avere buone collaborazioni o buone presenze vicino, che spinge ad avere relazioni affettive e accettare il rischio di una “dipendenza positiva”.

Concludo con Hillman: “Se accetto l’idea di essere l’effetto di un impercettibile palleggio fra forze ereditarie e forze sociali, io mi riduco a mero risultato. Quanto più la mia vita viene spiegata sulla base di qualcosa che è già nei miei cromosomi, di qualcosa che i miei genitori hanno fatto o hanno omesso di fare nei miei primi anni di vita, tanto più la mia biografia sarà la storia di una vittima. E mentre gli scienziati continuano a dibattere cercando l’origine del nostro destino, penso che nel cervello di ognuno di noi ci sia un numero spropositato di neuroni che fioriscono nuove sinapsi non appena ci dedichiamo a un’attività nuova perché il cervello è plastico e l’intelligenza può espandersi e che quindi abbiamo un universo infinito di possibilità di rendere la nostra vita fantastica.