I sensi nelle relazioni d’amore e di counselling

Silvia Gnudi

La percezione sensoriale è un processo selettivo del cervello che ci dà la possibilità di riconoscere la nostra realtà.

Dal punto di vista biologico la percezione attraverso i 5 sensi è un processo gestito dal cervello in modo selettivo, che dà una priorità ad alcune informazioni rispetto ad altre e categorizzando le stesse informazioni in modo da riconoscere il mondo e la realtà in cui viviamo.

Possiamo dire quindi che sentiamo in modo oggettivo e neutrale, ma al contrario il nostro cervello sente e vede il mondo come può vederlo guidato dalle proprie esperienze pregresse, arricchendo le percezioni di significati del tutto soggettivi.
 La percezione è fondamentalmente un processo cognitivo nel quale le sensazioni vengono integrate con emozioni, idee e ricordi che fanno parte della storia personale.

Di tutti gli stimoli fisici che colpiscono i nostri sensi – e sono tantissimi – il cervello può elaborarne soltanto una parte perché altrimenti rimarremmo bloccati davanti ad ogni scena che osserviamo, nel tentativo di analizzarne tutti i dettagli. Invece, per vivere, dobbiamo decidere bene e in fretta, pertanto la percezione deve portare rapidamente ad una conclusione su ciò che vediamo o sentiamo o comunque percepiamo e quindi la nostra attenzione, rispetto agli input sensori, è necessariamente selettiva.

Questa selezione è pesantemente condizionata dall’educazione ricevuta e dall’ambiente in cui siamo cresciuti.
 Nella prima relazione d’amore, quella tra il neonato e la madre, inizia questo processo di condizionamento. Il bambino, in braccio alla mamma, percepisce, attraverso il contatto con essa, ciò che nell’ambiente lo disturba (per esempio lei ha un sobbalzo, o un irrigidimento del corpo in seguito ad uno stimolo dell’ambiente) e registrerà il comportamento della madre come un riferimento di pericolo o di disagio da memorizzare, magari verso situazioni e persone che per lui nel futuro, non avrebbero avuto lo stesso significato o potuto avere la stessa valenza.

Un esempio di questo meccanismo sono alcune paure, come quella per l’acqua o per gli animali che alcuni bimbi possono avere fin da piccolissimi, conseguenza del fatto che la madre di fronte al mare o a un cane, ha esplicitato chiaramente a livello fisico il proprio disagio.

Alcune ricerche fanno ritenere che questo condizionamento avviene già durante la gestazione. I sensi (e addirittura quelli della madre) sono quindi il primo veicolo di informazione del bambino e la relazione con gli adulti di riferimento, in primis con la madre, la prima fonte di condizionamento.

In particolare il tatto è il primo strumento di conoscenza dell’uomo.
 Attraverso il tatto possiamo esplorare l’ambiente che ci circonda, percepire i nostri confini e la nostra forma. Attraverso il contatto possiamo entrare in relazione con l’altro: le mani e il corpo stesso ci permettono di “sentire la vita”. Alexander Lowen, psicoterapeuta e psichiatra statunitense, ha definito con il termine “grouding” il modo con cui camminiamo, con cui contattiamo il terreno.
Nelle tensioni muscolari, nella postura, esprimiamo molto di ciò che ci blocca e ci condiziona. Fin da bambini impariamo a reprimere le emozioni per riuscire ad essere amati e, secondo Lowen, questa repressione si manifesta fisicamente nel trattenere il respiro. Se questo meccanismo di difesa diventa abituale, si instaurano nel corpo delle tensioni croniche (a livello diaframmatico e non solo) che limitano la respirazione e la percezione delle emozioni, soprattutto di quelle contenute nella pancia. Tutto ciò che inibisce o rende difficoltosa l’espressione di sé è, nell’ottica bioenergetica, fonte di stress e di possibile malattia: l’emozione che non può essere espressa si trasforma in tensione per i muscoli che dovrebbero invece essere coinvolti nella sua espressione.
Anche l’olfatto, insieme al gusto, è un senso tra i primi a svilupparsi: grazie all’odore sappiamo riconoscere nostra madre anche se non riusciamo ancora a distinguerla.
La memoria olfattiva crea nel tempo emozioni particolari: ci sono odori che ci riportano all’infanzia o ci commuovono o ci disgustano, perché collegati a fatti ben precisi.
I sensi si sviluppano nel feto in successione: tatto, gusto, olfatto e udito.
Solo la vista ha un completo sviluppo con la nascita e, per quanto detto prima, potrà essere ancora più condizionata.
In un esercizio sulla relazione, dove viene chiesto di scegliere un’altra persona mentre si è bendati, capita spesso che la scelta cada su persone che guardandole non avremmo mai scelto, ma che ci sono invece piaciute attraverso il tatto e l’olfatto.
 C’è una saggezza nel corpo che spesso non teniamo in considerazione, lasciandoci guidare dalla nostra parte più razionale che ha negli occhi un grande alleato.
Nella relazione con l’altro è fondamentale la percezione del proprio corpo e dei propri sensi. Ma non solo come sistema di conoscenza e di esplorazione reciproca, ma anche come possibilità di vivere l’esperienza di contatto in modo intenso e soddisfacente. Questo è il tema dell’Eros che, in sostanza, è il piacere di sentire: la vita è tanto più piacevole, vera, soddisfacente, umana, quanto più c’è Eros, mentre diventa grigia, piatta, insignificante, triste quanto meno c’è Eros.
Il concetto di percezione di se nella Gestalt è alla base della teoria stessa.

E’ fondamentale l’attenzione ai processi percettivi: come l’uomo percepisce se stesso e la realtà, e come organizza queste percezioni.
 Nella relazione di aiuto l’obbiettivo è proprio ri-sensibilizzare la persona affinché possa di nuovo percepire se stesso.

Nella relazione di counseling quello che è davvero interessante non è ascoltare il cliente nell’esposizione di una esperienza, ma è riportare alla percezione dei sensi l’esperienza stessa, cioè “cosa vedi”, “cosa senti nel corpo”, “cosa ascolti”. 
Più rimaniamo a “contatto con il corpo e con le sue percezioni”, più sentiamo la carica della nostra esperienza e più siamo in grado di “intenzionare” verso qualcosa.

Perls scrive nel suo libro La Terapia Gestaltica parola per parola “Un bravo terapeuta non ascolta il contenuto delle stronzate prodotte dal paziente, ma ne ascolta il suono, la musica, le esitazioni. La comunicazione verbale è di solito fatta di bugie. La comunicazione vera è oltre le parole. … E allora non ascoltate le parole, ma soltanto quello che vi dice la voce, quello che vi dicono i movimenti, quel che vi dice l’atteggiamento, quel che vi dice l’immagine.

Se avete le orecchie, dell’altro sapete già tutto. Non avete bisogno di ascoltare quello che la persona vi dice, ascoltatene il suono.
 Per-sona, cioè “mediante il suono”. Il suono vi dice tutto. Tutto quello che la persona ha da dirvi è lì….. Se abbiamo occhi e orecchie il mondo è aperto”.

LA GESTALT è una terapia del contatto.
 E’ fondamentale rimanere in questo contatto. Il terapeuta non si interessa tanto al perché dei comportamenti del cliente o al perché dei suoi disagi, quanto piuttosto al cosa e al come si manifestano.
 Quindi nel counselling è fondamentale aiutare il cliente a esplorare se stesso e il mondo, a vivere il più intensamente possibile nel qui e ora, ascoltando sia le sensazioni emotive sia quelle corporee. Nella relazione di aiuto il counsellor diventa empatico con il proprio cliente, immagina cosa prova, cosa sente nel corpo, come vede il mondo.
 Nella relazione con l’altro è fondamentale non vivere in modo separato la parte pensante da quella sensibile, come se fossero due sistemi a se stanti. Essere consapevoli del proprio corpo, ma soprattutto dare valore ai propri segnali corporei, e alle proprie percezioni, ci permette di entrare nel contatto e nello scambio senza perderci. Il corpo ci permette di definire il nostro spazio, il posto che occupiamo, di dare una “forma” al nostro io. Ci permette di sentire davvero se ciò che scambiamo con l’altro ha davvero un “buon sapore” per noi oppure no.
I sensi nutrono i sentimenti. Il desiderio e la gioia sono sentimenti che dipendono totalmente dalla nostra percezione sensoriale. Se li teniamo bloccati, se li reprimiamo perdiamo la possibilità di vivere pienamente la relazione con l’altro e ci desensibilizziamo alla vita.