Il Gestalt Counselling
nella mia esperienza personale

Igor Reggiani

 

Ho conosciuto il counselling della Gestalt tanti anni fa, quando facevo l’educatore e avevo il desiderio di conoscermi meglio a livello personale, soprattutto rispetto ai rapporti familiari, ma anche sul piano professionale visto il lavoro che svolgevo. È iniziato un percorso che ormai è evidente durerà tutta la vita, in cui ho scoperto parti di me che non avrei mai immaginato.

Grazie all’Enneagramma è venuta a galla una caratteristica importante, ovvero il mio approccio mentale alle cose della vita; piano piano ho potuto sentire i miei filtri caratteriali che impediscono alle emozioni di essere vissute secondo la loro natura, cioè nel cuore, e ho imparato a lasciarle vivere senza paura di esserne sopraffatto, più fiducioso del processo che le porta a “fare il giro”, seguendo il flusso che le porta a raggiungere il massimo dell’intensità per poi diminuire e trasformarsi. Ogni movimento della vita passa attraverso l’emozione e il suo linguaggio si può comprendere solo attraversandola: quanto più questa è resa consapevole, quanto meno la mia azione è automatica e posso davvero dire di avere scelto.

Aprire lo spazio a un’emozione significa accorgersi di lei, accoglierla per quella che è e imparare a comunicarla: in pratica, rinunciare a nasconderla per controllare l’impressione che l’altra persona ha di me e mostrarmi per quel che sono. Solo apprendendomi a questo processo posso poi “reggere” le emozioni dell’altro, arrivare a stare al suo fianco e sollecitarne l’espressione più profonda.

Oltre al lavoro di apprendimento delle emozioni, un aspetto della Gestalt che mi ha inizialmente spiazzato è il suo essere una metodologia efficace se tutti i partecipanti si mettono in gioco, sia nel contesto del colloquio individuale che nel gruppo: non esistono osservatori esterni perché l’energia circola se tutti hanno una disposizione interiore orientata alla messa in discussione del proprio punto di vista, all’ascolto empatico, alla ricerca, all’introspezione. In questo senso, il mio personaggio interno caratteriale che avrebbe voluto informarsi e prendere ciò che gli era utile, sul momento è rimasto molto deluso… ma poi ho sperimentato, prima da allievo poi da counsellor e conduttore quanto sia importante la partecipazione di tutti e quanto sia complesso e delicato l’equilibrio.

Il fascino del counselling della Gestalt è per me legato a diversi aspetti. Sul piano filosofico, la natura fenomenologica ed esistenziale dell’approccio, che restituisce ad ogni persona la responsabilità piena della propria vita, aprendo spazi di crescita inimmaginabili. Potremmo dire che una delle funzioni del counsellor è quella di far luce sul reale campo d’azione del cliente, passando attraverso gli impedimenti esterni e i blocchi interni, per misurarli e poterli infine affrontare con l’apprendimento di nuove competenze.

Sul piano della comunicazione interpersonale, la scelta dell’autenticità, che significa “essere sé stessi” esige attenzione corporea, presenza emotiva e applicazione della funzione logica all’interno della relazione.

L’aspetto affascinante della Gestalt è la sua stretta connessione con l’arte, in quanto essa stessa è Arte. Infatti, stare in relazione con l’altro in contatto con le emozioni e con l’energia del corpo significa avere un atteggiamento simile a quello dell’artista che si lascia guidare dall’intuito e dall’immaginazione. Da questo punto di vista, ogni mediatore artistico (pittura, musica, voce, teatro…) può essere utilissimo per accedere a sollecitazioni interne sconosciute, purché si abbandoni ogni forma di controllo del gesto per lasciar parlare il corpo, nella consapevolezza che quel che conta è il processo artistico e non il prodotto finale. Nel mio caso, la musa che mi ha innamorato è stata quella del teatro, dove l’espressione dell’interiorità è diretta ed è più difficile cadere nell’interpretazione.

Tutta l’arteterapia è stimolante perché consente di “stare in ricerca” in ogni momento della vita: non è necessario avere un problema specifico da affrontare nel qui e ora, basta il desiderio di conoscenza di sé e dei propri personaggi interni per scoprire ogni volta qualcosa di nuovo. È, inoltre, un buon esercizio di relazione per imparare a fidarsi della propria immaginazione e sensibilità e a comunicare con tratti di pennello, suoni, gesti, tutti strumenti che tengono lontani da giudizi, spiegazioni e interpretazioni.