Il coraggio del piacere

Margherita Biavati

Essere ispirati o essere d’ispirazione sono entrambi grandi doni per aprirci la mente, uscire dall’apatia, liberare energia.

Vorrei iniziare la mia relazione parlando dell’ispirazione: essere ispirati da qualcuno o all’opposto essere d’ispirazione, sono entrambi grandi doni: essere ispirati è un aiuto potente per aprirci la mente, stanarci dall’apatia e donarci energia. Essere d’ispirazione per qualcuno riempie il cuore di felicità perché un altro essere umano è interessato a te, a quello che dici e a quello che fai.

La prima persona che mi ha ispirata nella vita è stata mia madre, anche se non sono riuscita a riconoscerlo fino a che è stata in vita; lei aveva un ardore speciale, una passione che le bruciava dentro e la portava a essere anticonformista, a non fermarsi mai, a cercare sempre di andare oltre, di superare ostacoli. Tutto questo lei lo chiamava “volontà”, una parola che io rifiutavo perché sapeva di privazione ma in realtà io sono stata contagiata da quel suo spirito e solo più tardi ho scoperto che non c’è passione, né realizzazione senza un impegno incessante e inarrestabile.

I termini Coraggio, Piacere, Passione sono tutti apparentemente positivi ma contengono in sé polarità con aspetti molto difficili anche se non meno interessanti, quali: dedizione, attenzione fedeltà al proprio intuito, impegno, responsabilità. Ma gli esseri umani sono incredibili nel cercare vantaggi e scorciatoie: quindi anche se tutti cercano di avere almeno un po’ di potere, nicchiano di fronte alla responsabilità pur intuendo che non vi è l’uno senza l’altro, perché solo assumendosi responsabilità si acquisisce potere!

Ascoltate lasciandovi portare dal flusso delle parole senza voler capire, perché gli opposti si comprendono più con l’intuito che con la mente e il corpo, in cui l’intuito ha sede, ha bisogno di tempo. Se spingiamo tutto sfugge, se ci lasciamo fluttuare, i pezzi si mettano insieme da sé. Così possiamo spostarci dal tema esaltante dell’eros, della passione, del desiderio, della naturalità degli impulsi a tematiche meno esaltanti quali la responsabilità e l’impegno.

Parlando del processo creativo vorrei chiarire l’ottica da cui parto, un’ottica dettata dalla fede nell’essere umano e dalla fiducia nella saggezza organismica. Non mi riferisco al credere in sé che tutti vorremmo: “il voler avere ragione”, ma al lasciarsi guidare con fiducia dalla propria saggezza interna (o dalla propria pancia come si dice ai bambini) che ci trasporta in un mondo di sapere corporeo e intuitivo verso il nostro benessere fisico e psichico.

Dato che uno dei disturbi più sentiti in questo momento storico è la depressione e la mancanza di connessione con se stessi, il rimedio migliore è ascoltarsi, riconoscere i propri desideri e ritrovare così energia vitale, centratura e direzione. Spesso le persone chiedono aiuto proprio per ritrovarsi, uscire dalla confusione, mettere insieme i frammenti e distinguere i propri desideri dagli stimoli esterni. Non è scontato sapere cosa si desidera, abbiamo bisogno di addestramento al sentire, ricerca e attenzione. Può sembrare strano non avere chiarezza sui propri desideri perché appartengono in parte al mondo degli impulsi, ma vero è che la chiarezza interiore segnala più la fine di un percorso evolutivo, che l’inizio.

Nel non sapere cosa vogliamo veramente vi è una forte componente storica familiare perché un atteggiamento di fiducia in se stessi da adulti è facilitato da una buona esperienza infantile d’amore e sostegno incondizionato delle peculiarità e diversità; ma purtroppo anche le persone più coraggiose quando diventano genitori hanno un grande tallone d’Achille: la preoccupazione e l’illusione di poter proteggere il figlio dalle esperienze difficili indirizzandolo e controllandolo.

Questo è uno dei conflitti generazionali più ostici: invece di ascoltare i loro figli per conoscerli li spronano all’adattamento alle regole sociali, indebolendo sia la loro capacità di reagire e sapersi muovere con flessibilità ma determinazione verso una piena e libera realizzazione, sia la capacità di reggere le inevitabili tensioni della vita. Certo avere alle spalle un background familiare positivo aiuta ma non è sufficiente; la strada verso se stessi è piena di momenti buoi, felicità, traballamenti e sempre in ogni caso impegno e responsabilità! Di cosa dobbiamo essere responsabili?

La creatività si nutre del ritiro in se stessi: fondamentale è reggere la solitudine per ritrovare chiarezza, energia e slancio, La solitudine è un fantasma spesso evitato: ci frastorniamo di persone e cose da fare e aumentiamo così disperatamente la sensazione di vuoto: una polarità davvero sorprendente è che è necessario accettare la solitudine per instaurare legami intimi e profondi che hanno il potere di stravolgerci ma anche rimetterci al mondo.

Un altro strumento cardine per ritrovare il contatto con noi stessi e con i nostri desideri è riscoprire il senso degli eventi. Spesso ci allontaniamo dalla verità delle nostre esperienze dando agli avvenimenti le interpretazioni predefinite sentite in famiglia e ci confondiamo perché quei racconti non corrispondono ai nostri vissuti impressi nel corpo.

È interessantissimo a questo proposito il libro “La casa degli Spiriti” di Isabelle Alliende quando nel momento finale in cui la protagonista sta morendo dopo una vita piena d’amore, guerra, odio e contraddizioni, consegna alla figlia il suo diario raccomandandole di “scoprire il collegamento fra gli eventi” per ritrovare il senso della propria vita.

Una delle ispirazioni fondamentali in Gestalt è che il “piacere” è il migliore indicatore della strada verso sé stessi, così torniamo al centro della tematica di questo convegno. Perls, così come il mio primo maestro Baba Bedi, avevano una così profonda fede nell’essere umano da considerare, la coltivazione della spontaneità e dell’autenticità, il focus di ogni ricerca. La persona autentica sa farsi guidare dalla propria saggezza organismica, dove organismico sta ad indicare non solo la fisicità ma anche l’anima e lo spirito, verso uno stato di centralità in cui esistiamo a contatto con la profondità della nostra essenza, in una prospettiva che va oltre il piacere.

Il malessere ha a che fare non solo con la perdita della capacità di autoregolazione, ma anche con la perdita di questa particolare posizione di centralità, lucidità e saggezza. Perls questo intende parlando del Qui e Ora, un momento di centratura in cui non sprechiamo energia elucubrando sul passato o facendo proiezioni sul futuro, ma sperimentiamo un senso di forza dove tutto converge e abbiamo la sensazione di essere al posto giusto, nel momento giusto! Affinché una persona ritrovi la propria direzione è importante torni con la memoria ai desideri dell’infanzia che danno indicazioni sui sogni e le aspirazioni nella vita adulta e interrompa la continua auto-critica, perché i grandi cambiamenti hanno origine dalla consapevolezza e non dalla negazione di sé.

Il senso del piacere ha molto a che vedere con il senso di valore. Spesso le persone si lamentano per la bassa auto-stima, ma l’autostima, che è il senso di valore in se stessi, non è qualcosa di assoluto o definito, ma varia in conseguenza al nostro agire. Noi ritroviamo il senso e il valore profondo del vivere se perseguiamo la nostra realizzazione: tanto più siamo consapevoli dei nostri desideri tanto più siamo sostenuti dall’energia interna e dall’idea che valga la pena vivere e tentare, nonostante tutto.

Ora vorrei dirvi qualcosa che non so se sarà consolante o disperante: una volta intrapreso una vita creativa è impossibile abbandonarla perché è un qualcosa di intrinsecamente soddisfacente e insostituibile. Nel lavoro che faccio di Formazione in Counselling è meraviglioso quando incontro l’anima dell’altro, la riconosco, e non temo di perdere la faccia lasciando trasparire autenticità e fragilità e contagiare l’altro nella stessa direzione, verso la libertà e l’amore.