Il respiro, la voce, il canto hanno origine nell’intimità del nostro essere, ci coinvolgono in profondità, parlano di noi, della nostra vita.
Parlare di voce e di canto coinvolge il nostro essere dal profondo. L’origine della voce stessa è il respiro, e per questo parlare di voce e di canto significa anche parlare di vita.
La voce è uno strumento inscindibile del nostro corpo, non possiamo separare il nostro modo di cantare dal modo di parlare, armonizzando e arricchendo l’uno si agisce contemporaneamente sull’altro e viceversa. Il nostro modo di respirare e di regolare il fiato dà senso alla voce, trasmette vibrazioni, rivela le nostre emozioni e intenzioni. E come tutto ciò che è istintivo, rimane nella sfera dell’inconscio, finché non pongo attenzione, finché non attivo intenzionalmente l’ascolto interiore e addestro l’ascolto fisico.
La voce, come la musica, nasce dall’orecchio, dalla percezione dei suoni. La voce, come la conoscenza di sé, emerge dall’auto-ascolto, dalla consapevolezza del vissuto emotivo. L’intonazione, la cadenza, il ritmo, provengono dalle emozioni, dalla sinergia tra queste e il nostro apparato fonetico. Il nostro modo di usare la voce è frutto dell’evoluzione umana ed è progredito nell’imitazione e nell’apprendimento. Pur avendo una base universale che identifica certi suoni in relazione alle specifiche emozioni, crescendo abbiamo imparato a parlare e a cantare ascoltando i nostri modelli primari, i genitori.
Prima ancora del significato delle parole, abbiamo imparato a modificare i suoni spontanei e come esprimerli per la sopravvivenza e per la soddisfazione dei nostri bisogni; così abbiamo appreso che in un certo modo si otteneva più attenzione (per esempio imprimendo più fiato e quindi aumentando il volume), o che in un altro modo si attiravano le carezze e l’accondiscendenza (come prolungando l’emissione delle vocali, piagnucolando), o che in un altro ancora era meglio non esprimersi perché arrivava il dolore.
In breve tempo tutto è divenuto automatico, ma non per questo efficace o privo di sforzo, anzi, in alcune situazioni totalmente controproducente o dannoso. Molte persone hanno sperimentato, per esempio, che un tono di voce infantile e mieloso più che ottenere accoglienza e coccole dal partner, porta spesso irritazione e distanza, se l’intenzione non è esplicita ma manipolatrice; benché con i genitori avesse funzionato. Anche quando avremo padroneggiato l’espressività vocale, una parte di essa resterà comunque insondabile, legata al mondo emotivo e all’inconscio profondo. Ed ecco che, insieme al sentirsi vivi e all’espressione di sé, si è introdotta l’altra valenza fondamentale della voce, la comunicazione con gli altri.
Dopo aver ascoltato il proprio battito cardiaco e il proprio respiro, l’umanità ha ascoltato la propria armonia vocale, e quindi l’ha usata per rimanere in contatto con gli altri suoi simili, per entrare in relazione. Quando si parla e si canta, lo si fa con tutto il corpo, l’emissione di fiato attraverso le corde vocali fa vibrare le ossa, i tessuti, la pelle. Con l’espressione vocale si mettono in correlazione le emozioni provate con i muscoli, con la postura, con le espressioni del viso, con lo sguardo. E queste emozioni vengono alla ribalta, emergono inconsapevolmente, e la voce diventa veicolo inconscio di comunicazione interiore.
Anche le persone più rigide vibrano interiormente, ma fanno nello stesso tempo un enorme sforzo per non assecondare e per nascondere questa vibrazione. Spesso alcune zone del corpo rimangono bloccate e contratte, talvolta ampie zone, come i muscoli del collo o le spalle o addirittura l’addome. E poiché comunque tutto il corpo viene coinvolto in questo lavoro, i blocchi posturali o muscolari dovuti all’eccesso di autocontrollo mostrano agli altri una persona legata, oppure fredda, o distaccata.
Altre volte invece notiamo un eloquio frettoloso, quasi senza pause di respiro, o con frasi che si sfumano nella conclusione, per mancanza di fiato; qui la vibrazione emotiva è fortemente condizionata dal ritmo, mostrando sia distanza dall’ascolto di sé e dallo scambio aperto con l’altro, sia una tensione importante nel torace, per mantenere la velocità del passo, come se la persona avesse sempre il treno o l’autobus che sta per partire.
Qualunque sia la personale emissione vocale, è nella necessità di armonizzarsi e di smussare dannose spigolosità del tono usato per entrare in relazione, che può intervenire il lavoro di Counseling. Anche quando il cliente non ha espresso direttamente la volontà di lavorare sulla propria voce, il suo modo di modularla può diventare uno strumento efficace per aiutarlo a prendere coscienza di sé e delle sue risorse.
Quando il cliente racconta, il Counselor lo ascolta e ne coglie le sfumature vocali e del respiro. Lo osserva, per sintonizzarsi sugli aspetti peculiari della voce, in relazione agli eventi ed alle emozioni espresse, e in correlazione con gli altri messaggi non verbali. E osserva contemporaneamente se stesso, per ascoltare cosa prova di fronte ai messaggi che riceve, astenendosi, il più coscientemente possibile, da preconcetti e classificazioni. Quindi invita la persona ad accorgersi dei frammenti emotivi, a prendere coscienza di uno stato corporeo (tensioni muscolari, espressioni del viso e del corpo, respiro, tono, intercalari ripetitivi) e comincia a utilizzare la voce come una spia per entrare in profondità, come quando si accorda uno strumento musicale.
Il Counselor apre al cliente la possibilità di utilizzare consapevolmente il suono legato a quella emozione, per farglielo esprimere e amplificare, cogliendo insieme nuove forme, sperimentando sensazioni ed emozioni più profonde o diverse. Il Counselor utilizza la propria voce e i propri toni per fare da specchio al cliente, portando un dialogo di voci esteriori ed interiori esplorativo, consapevole e costruttivo.
Nell’arte terapia, la voce diviene canto trasformatore quando interviene la volontà di dare senso al suono, per cui accanto all’emozione e alla sensazione vissuta possono prendere spazio e forma una melodia interiore, un ritmo personale e delle parole, anche accompagnandosi con movimenti del corpo, con una drammatizzazione o con una danza; allora l’intento è quello di lasciare emergere la passione in cui quell’emozione ci trasporta, di entrare liberamente e volutamente in contatto con noi stessi e con gli altri, andando oltre, in un momento di dialogo creativo e unico, rivelato con il canto e con il corpo.
Quest’ultima esperienza diventa ancor più potente e nutriente quando l’espressione si fa corale, quando le vibrazioni si uniscono e, pur restando individuali, si accordano e si fondono in un unico canto di gruppo, dando vita ad una vera sin-fonia.
Il ritmo è vibrazione del cuore, del respiro e dell’essenza. Il suono è espressione dell’armonia e della disarmonia emotiva. Il canto è condivisione dei sentimenti e dei pensieri. Ecco perché cantare ci coinvolge, ci libera e ci apre alla vita.