Peter Schellenbaum, psicoanalista junghiano, docente all’istituto Jung di Zurigo, di cui è stato direttore, si propone di curare la ferita più diffusa nella nostra società, tanto da considerarla una sorta di “malattia sociale”, la ferita dei non amati. Il messaggio “Ti amo se…” ricevuto da bambini è la concessione più o meno diretta e inconsapevole di un amore da parte dei genitori, pagata con un comportamento, un atteggiamento adeguato alle richieste ed alle aspettative degli adulti.
Questo amore condizionato crea una profonda ferita nell’esistenza di ciascuno e continua ad influire sulle relazioni future. Riconoscendo questa fondamentale verità, si comprende il senso di abbandono, di negazione del proprio carattere, di solitudine, che tutti hanno provato perché i genitori erano presi dal lavoro, o malati, o assenti, o educati al distacco, o con aspettative prestabilite sui figli, e che hanno generato traumi infantili e reazioni dolorose nella vita adulta. Le più evidenti conseguenze della “ferita” sono la perdita di spontaneità e di contatto con se stessi, l’incapacità di riconoscere i propri desideri, la convinzione di non meritare l’amore e le attenzioni degli altri, la scarsa autostima, la difficoltà di vivere una relazione intima, l’auto-giudizio e la ripetizione dello schema di relazione che si è sperimentato con i genitori.
Il momento in cui hanno origine le ferite è nel primo anno di vita in cui il bambino e la mamma, uniti da una legame fortissimo, vivono una fase simbiotica. Questo stesso modello si ripresenta nell’adolescenza con ogni nuovo amore, e anche da adulti con la nascita di un figlio, in un sistema ciclico che ripropone gli stessi meccanismi dolorosi.
Anche diventando adulti si mettono in atto comportamenti che rispecchiano lo stile ed i valori dei nostri modelli genitoriali appresi per imitazione o identificazione, oppure all’estremo opposto per ribellione. Nel momento in cui ci si percepisce diversi da ciò che le regole genitoriali e sociali hanno richiesto e richiedono, scatta il sentimento della vergogna; il tentativo di nascondere ciò che non va in noi conferma quanto questa ferita ci abbia penalizzato nel realizzarci come persone complete.
Attraverso lo sviluppo di una psicologia del corpo e del movimento, la psicoenergetica, Schellenbaum fornisce una chiave per affrontare l’integrazione di questi aspetti negativi della propria infanzia. Egli propone un percorso di “interazione tra ragione ed emozione” che coinvolge la respirazione, il rilassamento progressivo, il “massaggio mentale”, l’espressione corporea e la danza, liberandosi dai significati simbolici che hanno assunto i nostri gesti, i nostri movimenti e la nostra postura.