Come comunità di psicoterapeuti della Gestalt, è importante recensire un testo sul counselling in Italia in questo momento, dove il dibattito è acceso e aperto e dove, in assenza di obiettivi condivisi, corriamo il rischio di trincerarci nelle nostre certezze volendo far valere i nostri diritti acquisti o, per contro, di avallare e sostenere professionisti senza un ground solido di conoscenze e senza un adeguato percorso formativo alla relazione d’aiuto. Chi è il counsellor? Qual è la sua formazione di base? Di cosa si occupa? Quali i limiti del suo intervento? Quali le contiguità e le differenze con la figura dello psicologo e dello psicoterapeuta?
Il counselling, ci dice Margherita Biavati, «è una professione non ordinistica regolata in Italia dalla legge n. 4 del 14/01/2013. Sebbene Carls Roger, fondatore della psicologia umanistica, iniziò a usare i termini “counselling” e “psicoterapia” sostanzialmente come sinonimi, ora per counselling s’intende qualcosa di distinto che, pur avendo come obiettivo comune il benessere della persona, non mira alla diagnosi e alla guarigione, ma alla cura dell’altro nel senso di “prendersi cura”: un atto creativo, diretto a modificare lo scorrere grigio dell’esistenza con i colori dell’attenzione, dell’ascolto empatico, dell’amorevolezza. I termini “counsellor” e “cliente”, in uso per indicare il professionista e l’utente, sottolineano un rapporto fuori dalla logica del paradigma “medico-paziente” (p. 12)
Già da questa definizione che ha l’intento di distinguere gli ambiti, emerge invece come ci siano aree di sovrapposizione con la psicoterapia e come sia quindi necessario trovare un confronto e un dialogo in questa situazione complessa. In ogni caso, dobbiamo tenere in considerazione che le professioni d’aiuto esistono, che il “prendersi cura” è una competenza trasversale che interessa professionisti che operano in vari ambiti della nostra società. È quindi interessante leggere un testo sul counselling che fornisce insegnamenti proprio per sostenere queste competenze.
Il testo di Margherita Biavati non si occupa del dibattito intorno al counselling, bensì ci offre suggerimenti e strumenti da utilizzare in percorsi di counselling gestaltico, finalizzati alla crescita personale e al sostegno delle potenzialità creative di ognuno. L’autrice è psicologa, psicoterapeuta, counsellor e direttrice dell’Istituto Gestalt Bologna, oltre che socio fondatore e primo presidente dell’Associazione Italiana Counselling.
Il testo si apre con un capitolo che inserisce la Gestalt all’interno della fenomenologia e della filosofia esistenziale. Successivamente, occupandosi della formazione del Gestalt counsellor, sottolinea l’importanza che la teoria sia sempre connessa all’esperienza. Il libro infatti, affianca agli aspetti teorici la descrizione di esperienze ed attività da utilizzare in vari setting.
I temi trattati sono ampi e spaziano dalla formazione all’educazione, alla gestione delle emozioni, alla comunicazione empatica, al corpo, ai sogni alla creatività. Gli ambiti applicativi sono diversi sia in ambito individuale che di coppia che di gruppo e trattano di dipendenze, relazioni intime, conflittualità e di molto altro ancora. Infine, un capitolo è dedicato alle Artiterapie: danza, pittura, scrittura, teatro ed uno all’Enneagramma. Molto apprezzabile trovare anche un capitolo che parla di etica e deontologia.
Grande importanza viene data al corpo, al sentire del e nel corpo: “Per raggiungere la capacità di vivere le emozioni senza farsi dominare occorre sentirle nel corpo, riconoscerle, comprenderne il significato e imparare ad esprimerle…” (p. 36), e inoltre a come il lavoro corporeo abbia finalità di “ricerca per il recupero di un sentimento di unione con noi stessi, conoscenza dei nostri schemi affettivo-corporei e accettazione dei nostri vissuti…” (p. 117).
In linea con il pensiero dei fondatori, i sintomi sia fisici che psichici sono letti dall’autrice come importanti rivelatori di informazioni su di sé e come possibilità di cambiamento. Un altro concetto importante per la Gestalt che si ritrova nel libro è quello dell’autoregolazione: “In Gestalt si parla di autoregolazione organismica riferendosi a quella capacità insita nell’uomo di agire in maniera efficace nelle diverse situazioni e mantenere un buono stato di salute fisica e mentale ricorrendo alle proprie risorse naturali, mentre lo stato di malessere sopraggiunge quando ci si allontana da quella saggezza primaria” (p. 126).
Molto interessante ed attuale il tema delle relazioni intime che viene letto anche alla luce delle trasformazioni della nostra società, dove siamo passati dalla famiglia patriarcale con un progetto di coppia finalizzato alla stabilità economica e sociale ad un progetto di coppia basato su eros ed intimità per arrivare, come spesso accade ultimamente, a coppie senza un progetto, fatte solo di eros e intimità (la coppia di amanti) o a coppie costituite solo da progetto e intimità a scapito dell’eros (la coppia di amici) (p. 141).
Ma quali sono gli strumenti di lavoro di un Gestalt counsellor?
Biavati, come scrive Baiocchi nell’introduzione, dice che il Gestalt counsellor non deve diventare esperto della teoria della relazione, quanto invece della capacità di essere autentico nell’incontro con l’altro, e, per imparare questo, deve vivere in prima persona tutto ciò che poi si giocherà professionalmente con i suoi clienti. Per l’autrice, il compito del counsellor non è semplicemente cercare di risolvere conflitti, ma entrare nella vita delle persone per aiutarle nella ricerca del senso dell’esistenza; per questo il cousellor per formarsi deve fare un percorso di evoluzione personale e sperimentare in prima persona un percorso trasformativo di crescita e di attraversamento del vuoto, del dolore, della paura e della gioia.
Le modalità di lavoro proposte da Margherita Biavati sono supportate da una profonda conoscenza ed esperienza in Gestalt e nelle Artiterapie.
La lettura di questo libro è stata piacevole ed interessante, l’autrice trasmette una grande passione per questo lavoro e il rispetto e la valorizzazione della creatività di ognuno ed offre spunti e idee valide da utilizzare nella formazione di operatori della relazione d’aiuto.
Il testo è sicuramente in linea con una Gestalt delle origini, espressiva ed esperienziale e meno con gli ultimi sviluppi teorici della teoria della terapia Gestalt. Ciò non toglie il valore di questo testo che sottolinea come sia importante per il counsellor, per formarsi, poter attraversare in prima persona un percorso di crescita personale e come la Gestalt sia una cornice di riferimento solida e ricca di stimoli, insieme ad altre discipline come le Artiterapie, per la formazione di chi si prende cura degli altri.
Nota: Questa recensione del libro “Il contagio della libertà” di Margherita Biavati è stata scritta da Silvia Tosi e pubblicata originariamente sulla Rivista Quaderni di Gestalt, nel volume 2017/2. L’articolo è qui pubblicato con il permesso della casa editrice Franco Angeli Milano. Si segnala il sito della rivista Quaderni di Gestalt e della casa editrice Franco Angeli.