La Relazione che Cura
Recensione di Anna Grossi

Ringrazio Anna Grossi e la sua docente Caterina Ventura dell’Accademia Imago di Napoli per queste sentite parole

Se dovessi inviare questa recensione all’autrice Margherita Biavati le scriverei: “Cara Margherita grazie, perché io non ho semplicemente letto il suo libro, è lui che ha letto me”. Ogni pagina studiata, ogni frase sottolineata e ogni concetto appreso, sembrava essere stato scritto anche e per me. Quelle parole così semplici, ma nello stesso tempo corpose e ricche di significato, si sono fatte strada in me, passando dagli occhi alla mente, dalla mente al cuore e, scendendo sempre più in fondo, sono arrivate nella stanza più intima dell’anima: quel luogo dove sono piantate le mie radici, dove risiedono i ricordi dell’infanzia, dove si è costruita la relazione primaria con i miei genitori, dove sono conservate le prime esperienze vissute, ma anche le parole non dette, le emozioni accolte come quelle bloccate, i problemi non affrontati e i sentimenti inconfessati.

Una “stanza” nella quale posso accedere solo io e alla quale devo fare ritorno, perché come scrive Margherita: “per essere un’adulta sana, soddisfatta, creativa e responsabile, è proprio alle radici che bisogna andare ed è in quei ricordi primari che bisogna cercare”. Questo viaggio a ritroso nel tempo è fondamentale per l’adulta che sono ora, perché “esiste una profonda connessione tra ciò che si è ricevuto nell’infanzia e la possibilità di diventare persone soddisfatte”.

Ridare la parola ai bambini che siamo stati, permette loro di raccontare ciò che non è mai stato raccontato, capire le mancanze e le conquiste, è la chiave per aprirsi, svelarsi e poi rivelarsi. E come arrivare a questo svelamento? Da soli è difficile e richiede molta forza e coraggio. Ci vuole un aiuto. Ed è qui che entra in gioco l’argomento principale di questo libro: la relazione, quella che cura, quella tra paziente e terapeuta, quella che ci permette di ritornare nel sacro terreno dell’infanzia, dove tutto è accaduto, dove sono nate tutte le altre relazioni umane, come quella primaria con i nostri genitori.

Dalle primissime righe, l’autrice ci fornisce un’appagante verità mettendoci subito in una condizione di agio e accoglienza: tutti siamo pazienti bisognosi di cura, di ascolto e attenzione, tutti siamo stati bambini, chi più accolto e chi meno, tutti abbiamo dentro un nostro personale malessere. Con stupore, ci accorgeremo di avere dentro di noi anche la sua cura. Tra questi “tutti” c’è anche lei, Margherita. A prescindere dall’essere un testo di formazione per la professione di terapista, counsellor o di arte- terapeuta, La relazione che cura, è anche una vera e propria “autobiografia terapeutica”, attraverso la quale la Biavati racconta la sua esperienza, prima come paziente e poi come terapeuta professionista. Partendo proprio dalla sua esperienza personale, l’autrice riesce a definire in maniera molto comprensibile cosa accade nella relazione terapeutica: il terapeuta aiuta il paziente, non a ricevere ora da adulto ciò che non gli è stato dato nell’infanzia, ma a ricercare insieme, la strada giusta per arrivare alla conoscenza di se stessi, per sperimentare la forza dalle radici, qualsiasi esse siano, e abbattere il muro velenoso delle emozioni non vissute. È un po’ come se il terapeuta fornisca ago e filo al paziente per riparare gli strappi del passato e creare nuove trame.

Tra teorie, definizioni, citazioni, esempi pratici e racconti di esperienze vissute, l’autrice vuole arrivare ad un unico e solo scopo: fornire gli strumenti per la cura di sé, per vivere il più possibile in uno stato di realtà e benessere. Affinché la cura sia efficace, è importante lasciarci accompagnare da un bravo terapeuta, un professionista del settore, un ex-paziente che sa cosa sono le ferite e il dolore. Non un filosofo che sentenzi, che instauri con il paziente un rapporto freddo, caratterizzato solo da soluzioni irreali e poco realizzabili, ma un uomo, una donna, che ha attraversato le difficoltà e poi sperimentato in prima persona la cura dell’aiuto terapeutico. Un bravo terapeuta è una persona autentica ed onesta, che ha imparato ad ascoltarsi per poter poi ascoltare il corpo e le parole di chi si affida alla sua terapia.  Ma se da un lato l’autrice fornisce consigli al paziente nella scelta del terapeuta, viceversa, anche il paziente deve predisporsi in maniera aperta e fiduciosa alla relazione.

La buona riuscita di questa relazione è così importante che la Biavati la riporta più volte nel testo. Mi viene da formulare una sorta di “proporzione”: il paziente ha bisogno del terapeuta così come il terapeuta ha bisogno del paziente. Il terapeuta, divenuto professionista, deve sempre sentirsi paziente e allievo, ricordare che è sempre un essere umano e ha scelto di curare la preziosa e delicata salute psichica di un altro essere umano.  Bisogna essere attenti, in costante auto-osservazione, supervisione e revisione.

La Relazione che cura non è un testo che si termina facilmente di leggere in poco tempo, ma come se fosse un glossario, è un libro da tenere sempre sul comodino, per consultarlo ogni volta che accade qualcosa nella nostra vita: che sia un fallimento o una conquista, che sia un problema o la sua soluzione, che siamo pazienti ora o futuri terapeuti domani.  Nelle parole di Margherita non c’è nulla di troppo filosofico o surreale e non ci fornisce fittizi elisir per costruirci una vita perfetta, anzi, l’autenticità di ciò che scrive, deriva proprio dal raccontare la vita così com’è, nelle sue esperienze belle e dolorose, relazioni solide ed effimere, emozioni e sentimenti contrastanti. Tutto serve, tutto è vitale. In ogni capitolo l’autrice offre suggerimenti importanti per rileggere il passato, prestando soprattutto attenzione a ciò che può essere accaduto durante l’infanzia, quel momento fondamentale nel quale si intesse la relazione primaria madre-figlio, da cui tutto ha poi origine per la successiva realizzazione dell’adulto soddisfatto, responsabile e creativo.

La connessione tra ciò che si è ricevuto in passato nell’infanzia e la possibilità di progettare un futuro “sano” è il centro delle riflessioni della Biavati, la quale però sottolinea che questa progettazione si può costruire nell’unico momento in cui possiamo agire e intercettare i nostri bisogni, in cui saper discernere la fantasia dalla realtà: il presente. Come psicoterapeuta gestaltica sottolinea che, per vivere bene, bisogna stare attenti al “qui ed ora”, porsi domande introspettive al presene indicativo: “Cosa sento? Cosa voglio? Cosa decido?”. Ognuno ha la propria storia e la propria verità da riscoprire e per tutti arriva il momento di far pace con il proprio passato e con il proprio sentire.