La Terapia Gestaltica Parola per Parola

Elaborazione del testo di  Frederick S. Perls

Organismo e carattere

Noi siamo un organismo. Un organismo è ogni essere vivente provvisto di organi che sia capace di autoregolarsi internamente. L’organismo scambia con l’ambiente sostanze di varia natura, sia materiale che sociale. Noi non abbiamo un fegato, un cuore, noi siamo fegato, cuore.. Tuttavia, non siamo una somma di parti, ma un “coordinato estremamente complesso” e non esiste la salute dei singoli organi ma la salute del coordinato. L’organismo e l’ambiente sono profondamente connessi. Non si può considerare l’organismo indipendentemente dal contesto ambientale e culturale in cui si trova. Il suo confine non è qualcosa di determinato, ma dipende da ciò che viene percepito come “altro”. L’aria che si respira e il cibo che si ingerisce è dentro o fuori di noi? Se il confine s’irrigidisce, allora divienta carattere, corazza.

Noi ci identifichiamo con le cose… il lavoro, il corpo, le persone, la famiglia, la storia, i luoghi, la politica, ecc.. I confini entro cui ci riconosciamo sono determinati anche dalle nostre identificazioni. Dentro il confine troviamo la sicurezza, il conosciuto, fuori l’estraneità, il mistero. Da qui seguono le polarità amico/nemico, attrazione/rifiuto, appetito/disgusto. Più è rigido il confine e più è forte la polarità. Qualcosa che minaccia l’organismo è fuori dall’organismo; qualcosa che lo nutre, sta fuori, ma può diventarne parte. Il carattere è la difesa di un confine, una difesa che non accoglie la possibilità di scambio, di relazione, d’integrazione. Il carattere è la parte dura di noi, la parte che non accetta il contatto, lo scambio, l’integrazione. Il carattere ci rende prevedibili, poichè è fatto di comportamenti ripetitivi, modi di essere che si sono pietrificati nel tempo. La persona più ricca, più produttiva e più creativa è la persona che ha meno carattere. 

Autoregolazione organismica

L’organismo sa cosa fare per stare bene. La mente crede di saperlo, ma non lo sa. Ogni volta che ci irrigidiamo in un’idea o in un atteggiamento smettiamo di essere in contatto con l’interezza e la complessità dell’organismo, smettiamo di seguire i suoi bisogni, ciò che gli serve per stare bene. La terapia gestalitca insegna ad ascoltare il corpo, le emozioni, i desideri e i bisogni della persona, insegna a fidarsi dell’intelligienza dell’organismo (autoregolazione organismica). L’idea è che se impariamo ad ascoltare l’interezza di tutto ciò che siamo, sappiamo esattamente come muoverci per rigenerarci e crescere.

Persecutore e Vittima

La nostra personalità spesso si divide in persecutore e vittima (topdog – underdog). Il persecutore comanda e dirige, è saccente, si aspetta determinate cose, ci proietta un’immagine di noi da perseguire, e manipola con richieste seguite da minacce: “se non lo fai.. non sarai amato… non andrai in paradiso…”. La vittima manipola difendendosi, scusandosi, adulando, frignando e riesce sempre ad avere la meglio sul persecutore, poichè è più primitiva di lui. Entrambe lottano per il controllo. Più è duro il persecutore e più è forte la vittima. Più sono grandi le nostre aspettative perfezionistiche e più ci sentiamo impotenti. Più pretendiamo e più ci lamentiamo.

L’illusione del controllo

La maggior parte delle persone si proietta costantemente in un ideale di vita. In questo modo lotta per controllare la realtà, per piegare se stessa e gli altri a un disegno prestabilito. Da qui nasce l’incapacità a stare in relazione con la realtà delle cose. Ebbene, il controllo noi non lo abbiamo, poichè chi controlla non siamo noi, ma le situazioni della vita. Se comprendiamo la situazione in cui ci troviamo e lasciamo che a controllare le nostre azioni siano le situazioni stesse, allora abbiamo imparato ad affrontare la vita.

Il processo di maturazione

Il fatto di recitare sempre la stessa parte, di seguire uno schema fisso di comportamento ostacola le persone a maturare e a utilizzare tutto il proprio potenziale umano. I bambini imparano a ottenere l’attenzione dei genitori recitando una parte poi da adulti usano lo stesso modo per manipolare l’ambiente. Il nostro potenziale si basa invece su un atteggiamento particolarissimo: vivere considerando ogni momento come un istante a sè. Così diventiamo imprevedibili, mentre il ruolo di “buon cittadino”, bramoso di sicurezza, esigie la prevedibilità. Ci adattiamo per essere accettati dalla società. Ci sediamo sulle certezze e riempiamo il vuoto con queste. Cerchiamo l’identità perchè è più sicura del mutamento.

Ogni individuo ha lo scopo innato di realizzarsi per quel che è. La rosa non ha nessuna intenzione di realizzarsi come canguro. Le nostre idee di come dovremmo essere per stare bene e per crescere sono solo idee, e, come tali, ci allontanano da noi stessi. Il processo di maturazione consiste piuttosto nel diventare sempre meno dipendenti dalle idee e dalle aspettative degli altri. Il processo di maturazione è un passaggio dal sostegno ambientale (la famiglia) all’autosostegno. Il fine della terapia consiste nel far sì che il paziente dipenda sempre meno dall’approvazione degli altri e diventi consapevole di poter fare molte più cose di quelle che crede.

L’impasse e le fantasie catastrofiche

Nella Gestalt si cerca di mostrare alle persone i loro blocchi, quello che non vedono di sè. Il nevrotico lotta contro le montagne per non vedere il granello di sabbia che ha negli occhi. Quando sentiamo di non riuscire a vedere noi stessi o a fare qualcosa di diverso da quello che continuiamo a fare, siamo in una situazione d’impasse (congelamento, paura trattenuta), tenuta in piedi e nutrita da fantasie catastrofiche. Immaginiamo che se iniziassimo ad agire per quello che sentiamo, ci succederebbe qualcosa di brutto. Queste fantasie ci impediscono di vivere e di assumere i rischi che sono parte integrante della crescita e della vita.

I pilastri della Gestalt: “qui ed ora” e “come”

Non esiste nulla al di fuori del qui ed ora. Il passato e il futuro sono qui ed ora. Il passato, sotto forma di memoria e il futuro, sotto forma di proiezione. Vivere nel qui e ora significa stare nella tensione tra l’accaduto e ciò che deve ancora succedere. La musica della vita si genera proprio grazie a questa tensione; la puntina del disco tocca sempre e solo il qui ed ora, poiché lì siamo nell’esperienza, nella partecipazione, nel fenomeno, nella consapevolezza.

Del futuro non sappiamo nulla, ma lo anticipiamo con visioni e progetti; proiettiamo davanti a noi immagini rassicuranti perché il futuro ci fa paura. Riempiamo lo spazio vuoto del futuro con polizze di assicurazione, status quo, identità… Sembra impossibile vivere senza mete, senza preoccuparsi di cosa succederà, poter restare aperti a qualsiasi cosa. Se ci aprissimo al futuro, potrebbe succedere qualcosa di nuovo, di emozionante, che ci permetterebbe di crescere… Meglio camminare come mezzi cadaveri che vivere pericolosamente e capire che la pericolosità è molto di più di una vita senza rischi.

Secondo il modello analitico le situazioni irrisolte del paziente devono essere ricondotte ai traumi. Tuttavia, molti traumi le persone se li inventano per salvare la propria auto-stima; spesso i traumi sono bugie alle quali ci si attacca per giustificare la propria non disponibilità a crescere e si piange una vita intera su un evento al solo scopo di farsi compatire. Il responsabile della malattia non è il passato, ma la persona. Tutti gli eventi hanno più di una causa; il “perchè” porta spesso a una spiegazione astuta ma mai alla comprensione reale; induce a un’indagine senza fine sulla causa della causa della causa, ma mai a lavorare responsabilmente su come siamo. Per questo la Gestalt propone di focalizzare l’attenzione sul “qui ed ora” piuttosto che sul passato e sul “come” piuttosto che sul “perchè”.

Struttura della nevrosi

  1. Livello dei cliché (buon giorno, stretta di mano, etc. livello in cui facciamo giochi e recitiamo parti (persona importante e dura, bravo bambino…)
  2. Livello sintetico in cui cerchiamo di colmare la sensazione di mancanza con un atteggiamento, un modo di essere.
  3. Livello di paralisi in cui ci contraiamo e implodiamo. Una volta entrati in contatto con l’implosione la persona può trasformarla in esplosione e tornare ad essere autentica, capace di esprimere le proprie emozioni. Ci sono quattro tipi di esplosioni: dolore, rabbia, paura e gioia.

La responsabilità

Noi agiamo in modo responsabile quando agiamo in modo autonomo, liberi dalle aspettative o proiezioni che gli altri hanno di noi e che noi abbiamo sugli altri. Responsabilità significa riconoscersi per quello che si è trovare la capacità di rispondere, di essere vivi, di sentire, di esercitare la propria sensibilità. Come dire: “Io sono io; in me ho raccolto e sviluppato quello che posso essere”. Responsabilità significa rispondere alle situazioni, prendere decisioni, restare centrati su se stessi, non adeguarsi agli altri.

Lavoro sui sogni

I sogni nella Gestalt non vengono interpretati ma rivissuti e sperimentati nel presente; se la persona recupera il processo del sogno e entra nelle proprie emozioni, arriva a maturare qualcosa di importante senza usare la mente che interpreta. In genere il sogno ci pone di fronte ad un messaggio su quel che manca alla nostra vita, su quel che evitiamo di fare e di vivere. I sogni ripetuti, come le coazioni a ripetere, sono Gestalt incompiute, figure che continuano a venire fuori, che non possono retrocedere nello sfondo. Tutte le persone e gli elementi di un sogno rappresentano parti di noi, nostri personaggi interni. Un metodo di lavoro sui sogni consiste nell’immedesimarsi in tutti gli elementi e recitarli, farli parlare; in questo modo emerge un conflitto da risolvere. Si può lavorare anche su un singolo frammento che contiene un’esperienza da cui è possibile ricavare molto. Lo stile di Perls è rapido e veloce nel porre le giuste  domande che conducono a un sentire profondo e sincero soprattutto quando la persona, lasciandosi  trasportare dalle elucubrazioni mentali, perde di vista se stesso. Perls mette un atto la strategia di provare e riprovare fino a quando non trova un varco nel vissuto dell’altro, entro cui può insinuarsi  per puntare dritto al problema.

Il conflitto

Quando una persona espone un problema, in genere si esplica nei termini di “vorrei, ma non posso”. Per risolvere un problema, la prima cosa è trasformare il “ma” in un “e”, la scissione in un’integrazione. Per esempio, due opposti classici sono la vittima e il persecutore e noi in genere interpretiamo un ruolo o al suo opposto, ma finché preferiamo una di queste parti, il cambiamento non avviene.  Mettendo in dialogo le due polarità, come parti inalienabili di noi, possiamo scoprire di avere un centro, una realtà intermedia.

La seggiola vuota

La seggiola vuota è uno strumento attraverso cui far parlare le varie parti di noi. Queste parti possono essere il persecutore e la vittima, una parte del corpo, un’emozione, un sogno, un elemento di un sogno, il pubblico, un parente, un amico, il terapeuta, ecc.. La persona seduta davanti alla seggiola parla alla cosa o persona in questione come se le stesse di fronte, dopodichè si siede sulla seggiola vuota e risponde come se fosse quella cosa o persona. Nella stessa seduta è possibile attuare diversi dialoghi passando da un elemento a un altro, anche se sono di genere diverso (es: da un sogno a una persona reale, ecc..).

Alienazione nel linguaggio

Durante la seduta l’uso del sostantivo al posto di un verbo ha come effetto quello di raffreddare un processo vitale e di renderlo una proiezione inanimata. In questo modo alieniamo qualcosa che ci appartiene e ci impoveriamo, perdiamo vitalità, diventiamo dei robot. Una volta che questo “potenziale”, questo frammento di vita diviene una proiezione, esso si rivolge contro di noi, così che invece di giudicare gli altri ci sentiamo giudicati, invece di ascoltare proiettiamo la capacità di ascoltare all’esterno, invece di mobilitare la nostra eccitazione ci aspettiamo che gli altri siano eccitanti, ecc. Per riappropriarci di ciò che abbiamo gettato fuori dal nostro organismo dobbiamo iniziare a cambiare linguaggio e dire: “non è quella cosa lì, ma sono io”. Oppure: “non è quella persona che ha quella qualità, ma sono io”. Ogni volta che si trasforma un esso (un sostantivo) in un io (un verbo) si torna in possesso del proprio potenziale vitale.

L’imbarazzo del vuoto

Certe persone provano un imbarazzo esistenziale a stare senza risposte. Come mai c’è l’essere e non il non essere? In genere si vuole rispondere dando una spiegazione o fornire certi ideali di vita. Noi non sappiamo nulla del perchè le cose sono proprio così come sono e di come è iniziato il mondo. Questo inconsapevolezza comporta una sensazione di vuoto e di mistero. Gertrude Stein dice: “Una rosa è una rosa è una rosa”. Il vuoto, quando vissuto senza volerlo riempire a tutti i costi, diventa “vuoto fertile”. Stare nel vuoto genera nuova vita. Quando invece cerchiamo di colmare il vuoto con progetti, aspettative e risposte non facciamo altro che perdurare nella condizione di “vuoto sterile.”

Cambiamento

In Gestalt la base di ogni lavoro è il presente. Alle persone viene chiesto di parlare a partire da quello che sentono nel presente e non da quello che vorrebbero essere o fare o sentire. Tutti quanti vorremmo cambiare ed essere diversi e per realizzare queste prospettive facciamo dei programmi. Il fatto è che un cambiamento intenzionale non funziona mai. Non appena diciamo: “voglio cambiare”, e facciamo un programma, si crea una forza uguale e contraria che impedisce il cambiamento. Il cambiamento è un qualcosa che succede da solo. Se penetriamo a fondo in quello che siamo, accettandolo con responsabilità allora il cambiamento sopravviene da solo.